Articoli di Giovanni Papini

1957


in "Gli inediti di Papini - Tre ricordi":
Confidenze di Toscanini
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXXII, fasc. 250, p. 3
Data: 20 ottobre 1957


pag. 3




   Toscanini afferma che nessun direttore di orchestra fa eseguire la musica quale fu veramente scritta dal compositore. Ogni direttore pretende di rifarla a modo suo e, colla scusa dell'interpretazione, tende a dimenticare perfino il nome del creatore. Ad esempio, Toscanini citava il seguente aneddoto. Una volta, a Roma, incontrò Busoni, che doveva la sera stessa dirigere un concerto all'Augusteo, e che gli disse: «Vieni stasera a sentire la mia Eroica?». Toscanini ci andò e si accorse, infatti, che l'interpretazione di Busoni era talmente personale che l'opera di Beethoven riusciva quasi irriconoscibile da quanto era deformata. Finito il concerto, Busoni corre da Toscanini e gli domanda: «Sicchè che cosa ti è sembrato dalla mia Eroica?». E Toscanini di rimando: «M'è parso che stasera di eroico non ci fosse che il pubblico che ti ha sopportato. Io son venuto alla tua Eroica. Spero che tra qualche sera verrai ad ascoltarmi quando dirigerò la Quinta di Beethoven...».
   A proposito di questa manomissione degli esecutori sulle opere dei grandi, Toscanini mi diceva che la Bohème di Puccini non è mai eseguita come il Maestro veramente la volle. Una volta, a Milano, egli dirigeva la Bohènme e in un palco d'onore c'era Puccini: in un intervallo il celebre maestro andò a salutarlo, e aveva gli occhi pieni di lacrime. «Perche piangi?» domandò Toscanini. L'altro rispose: «Penso che una musica come questa non potrò mai più scriverla».
   Difatti Puccini era già malato e non avrebbe potuto neppur finire la sua ultima opera. Toscanini lo consolò come meglio seppe e Puccini gli disse: «Piango anche per un'altra ragione, chè questa sera ho risentito per la prima volta, dopo tanti anni, la Bohème come realmente la pensai e la scrissi, perchè quella che va sotto il mio nome nei teatri italiani e stranieri è un'altra cosa, e per conto mio, preferisco quella composta da me e che tu hai eseguito fedelmente questa sera».
   Spiega Toscanini: «Mi chiedono qual'è il mio segreto. Il mio segreto è semplicissimo: consiste nel far eseguire la musica, nota per nota, quale fu scritta dall'autore».
   Può sembrare un assioma di Monsieur de la Palisse, ma se pensiamo accerti indiscreti branditori dì bacchetta ci s'accorge che potrebbe essere, per costoro, un precetto rivoluzionario.
   A proposito di Puccini mi raccontava Toscanini che il Maestro molti anni fa s'era innamorato del soggetto di Pélleas et Mélisande ed aveva scritto a Maeterlinck per chiedergli di musicare l'opera sua. Maeterlinck gli rispose che, purtroppo, era già da molto tempo impegnato con un musicista francese, che era Debussy, il quale non si decideva mai a finire la sua opera e che ben volentieri l'avrebbe affidata al compositore italiano se Debussy ci avesse rinunciato.
   Pèlleas fatta da Puccini, dice Toscanini, sarebbe stata molto diversa da quella di Debussy: ma la figura di Mélisande era veramente una figura pucciniana e, per conseguenza, l'opera sarebbe riuscita, seppur meno originale di quella francese, certamente una delle migliori del maestro lucchese.
   Mascagni, invece, almeno secondo Toscanini, non ha genio drammatico. Ad esempio, l'ultimo grido che chiude la Cavalleria: «Hanno ammazzato compare Turiddu», era stato da Mascagni musicato per farne un bel pezzo cantabile, il che avrebbe scemato enormemente l'effetto di quel tragico finale. Il maestro Mugnone, che fu il primo direttore di Cavalleria Rusticana, consigliò il giovane Mascagni a togliere quella battuta e a far pronunciare quelle parole come oggi tutti le sentiamo, cioè senza accompagnamento. Toscanini dice che il merito maggiore della Cavalleria si deve all'abilità dei librettisti, alla potenza della concezione di Verga e all'uso che ha fatto Mascagni di certi motivi popolari dell'Italia meridionale.


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